Con il Decreto 138 e la Legge di Stabilità per il 2012 è stata attuata una riforma della professione forense, ma direi di tutte le professioni regolamentate, che consentirà, finalmente, un'ampia libertà organizzativa agli avvocati e agli altri professionisti.
La riforma ha infatti reso possibile, tra le altre cose, l'esercizio dell'attività professionale in forma societaria, anche con soci iscritti in albi di altri paesi dell'Unione Europea e persino con soci per prestazioni tecniche o di investimento, il cosiddetto socio di capitale.
Per la maggior parte dei professionisti, che operano nei settori tradizionali in forma di studio individuale, non cambierà molto.
Ma per coloro che sono posizionati o hanno intenzioni di posizionarsi nei settori della consulenza legale, ma anche fiscale ed aziendale direi, lo strumento della società di capitali consente finalmente di potersi dare delle strutture competitive e adeguate a competere in questi mercati, ormai globalizzati.
D'altra parte, se non fossero state apportate queste modifiche legislative, le società di capitali professionali sarebbero comunque arrivate in Italia, grazie alle norme europee in materia di prestazioni di servizi.
L'ostilità di una parte dell'avvocatura mi sembra del tutto immotivata.
Essa si basa, per lo più, sulla paura di dover competere sul mercato e sull'idea che la professione si possa ancora svolgere come ai tempi di Chiovenda e di Carnelutti.
Ebbene, quell'epoca è finita per sempre.
Anche nell'attività relativa ai private clients, si vedono importanti cambiamenti nelle grandi città, che sono destinati ad allargarsi, prima o poi.
Ci sono i cosiddetti studi di strada, ad esempio, con il loro marketing aggressivo.
Con le società professionali, magari multidisciplinari, si potrà accedere più facilmente a capitali di investimento e questo costituirà l'occasione per i giovani, privi di mezzi propri, per poter accedere ai mercati di alto livello professionale, attualmente dominio assoluto dei professionisti ricchi.
I rischi connessi alle società di capitali?
Non ne vedo.
O meglio, non ne vedo di diversi rispetto a quelli attuali.
Dobbiamo cominciare a ragionare in termini di responsabilizzazione del singolo, e non di responsabilità corporativa.
Per cui, se singoli professionisti assumono comportamenti discutibili o poco etici, non ne risponde tutta la categoria, ma soltanto loro.
La riforma ha infatti reso possibile, tra le altre cose, l'esercizio dell'attività professionale in forma societaria, anche con soci iscritti in albi di altri paesi dell'Unione Europea e persino con soci per prestazioni tecniche o di investimento, il cosiddetto socio di capitale.
Per la maggior parte dei professionisti, che operano nei settori tradizionali in forma di studio individuale, non cambierà molto.
Ma per coloro che sono posizionati o hanno intenzioni di posizionarsi nei settori della consulenza legale, ma anche fiscale ed aziendale direi, lo strumento della società di capitali consente finalmente di potersi dare delle strutture competitive e adeguate a competere in questi mercati, ormai globalizzati.
D'altra parte, se non fossero state apportate queste modifiche legislative, le società di capitali professionali sarebbero comunque arrivate in Italia, grazie alle norme europee in materia di prestazioni di servizi.
L'ostilità di una parte dell'avvocatura mi sembra del tutto immotivata.
Essa si basa, per lo più, sulla paura di dover competere sul mercato e sull'idea che la professione si possa ancora svolgere come ai tempi di Chiovenda e di Carnelutti.
Ebbene, quell'epoca è finita per sempre.
Anche nell'attività relativa ai private clients, si vedono importanti cambiamenti nelle grandi città, che sono destinati ad allargarsi, prima o poi.
Ci sono i cosiddetti studi di strada, ad esempio, con il loro marketing aggressivo.
Con le società professionali, magari multidisciplinari, si potrà accedere più facilmente a capitali di investimento e questo costituirà l'occasione per i giovani, privi di mezzi propri, per poter accedere ai mercati di alto livello professionale, attualmente dominio assoluto dei professionisti ricchi.
I rischi connessi alle società di capitali?
Non ne vedo.
O meglio, non ne vedo di diversi rispetto a quelli attuali.
Dobbiamo cominciare a ragionare in termini di responsabilizzazione del singolo, e non di responsabilità corporativa.
Per cui, se singoli professionisti assumono comportamenti discutibili o poco etici, non ne risponde tutta la categoria, ma soltanto loro.
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