giovedì 28 giugno 2012

Riforma del mercato del lavoro - parte prima


Oggi viene approvato il DDL Fornero, pertanto, per la prima volta dal 1970, viene riformata in profondità la disciplina del mercato del lavoro in Italia, visto che le riforme Treu e Biagi avevano interessato solo alcuni aspetti della stessa.
Inauguro una serie di "note", finalizzate a formulare alcune osservazioni sulle varie disposizioni che compongono la legge.
Comincio oggi stesso, non dall'art. 18, ma dalle disposizioni che riguardano i precari, ovvero quelle sul lavoro a progetto e sulle false partite iva.
Al riguardo la disposizione che ci interessa è l'art. 8, il quale stabilisce che
"Ferma restando la disciplina degli agenti e rappresentanti di commercio, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa prevalentemente personale senza vincolo di subordinazione, di cui all’articolo 409 n. 3, del codice di procedura civile, devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore. Il progetto deve essere funzionalmente collegato a un determinato risultato finale e non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente, avuto riguardo al coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa. Il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuate dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale".
Va quindi a modificare il Decreto Biagi, in particolare riscrivendo il comma 1 dell'art. 61, ribadendo che le collaborazioni coordinate e continuative sono ammesse soltanto se riconducibili a uno o più progetti, ma innovando sicuramente il testo legislativo precedente con alcuni requisiti essenziali che il progetto deve contenere, accogliendo osservazioni già delineate da dottrina e giurisprudenza.
Quindi, non potranno essere considerati progetti validi quelli che si riferiscono al lavoro tipicamente dipendente, impiegatizio o operaio, caratterizzato dalla mera esecutività o ripetibilità. Nè è ammissibile il progetto che si limiti a riprodurre l'oggetto sociale del committente, prassi purtroppo molto diffusa, ed, in ogni caso, esso deve essere funzionale al conseguimento di un risultato finale. In altre parole, il progetto deve avere un inizio e anche una fine.Si evince chiaramente, inoltre, che la prestazione resa dal collaboratore a progetto abbia un carattere essenziale di autonomia, non potendo quindi essere ascritta al lavoro subordinato. Il collaboratore a progetto, anche quando sia monocommittente, deve essere considerato un professionista, anche se non iscritto ad alcun albo professionale, e non un dipendente dell'impresa. La contrattazione collettiva potrà poi individuare quelle mansioni che non possono costituire oggetto di questo tipo di contratto di lavoro. Inoltre il contratto, tra le altre cose, deve prevedere anche la
"descrizione del progetto, con individuazione del suo contenuto caratterizzante e del risultato finale che si intende conseguire"; 
 Particolarmente importante è la modifica che viene apportata all'art. 69 del Decreto Biagi. Tale articolo prevedeva già che, in caso di accertamento della nullità o esistenza del progetto, il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa si considera di lavoro subordinato sin dal momento della costituzione del rapporto. La riforma aggiunge che

"Salvo prova contraria a carico del committente, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, sono considerati rapporti di lavoro subordinato sin dalla data di costituzione del rapporto, nel caso in cui l’attività del collaboratore sia svolta con modalità analoghe a quella svolta dai lavoratori dipendenti dell’impresa committente, fatte salve le prestazioni di elevata professionalità che possono essere individuate dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale."

Tale aggiunta è assai importante in quanto rende più semplice l'accertamento del carattare sostanzialmente subordinato di un rapporto di lavoro formalmente contrattualizzato come un progetto, introducendo una presunzione, a favore del prestatore d'opera, nell'ipotesi, anch'essa assai frequente nella pratica, in cui le mansioni del collaboratore a progetto siano le stesse svolte da lavoratori subordinati. Tale modifica, ovviamente, si applicherà soltanto ai contratti stipulati dopo l'entrata in vigore della legge, mentre le previsioni di tutela già contenute dal Decreto Biagi si applicano a tutti, ovviamente.
 Complessivamente la modifica legislativa deve essere, a mio parere, valutata positivamente, anche se il decreto Biagi era già abbastanza equilibrato sul punto. Infatti si introduce una presunzione a favore del prestatore d'opera, per le ipotesi più frequenti di contratti a progetto, e si chiarisce che la prova dell'esistenza di un progetto vero sia a carico del committente. In questo modo risolve alcuni problemi interpretativi del suddetto decreto e rende più agevole l'accertamento giudiziale. Inoltre la presunzione e l'onere della prova potrebbero spingere le parti più facilmente a raggiungere un accordo, anche se questo non è scontato.
Viene inoltre completamente riscritto l'art. 63, che ora reciterà così
ART. 63. – (Corrispettivo) – 1.  Ilcompenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito e, in relazione a ciò nonché alla particolare natura della prestazione e del contratto che la regola, non può essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività, eventualmente articolati per i relativi profili professionali tipici e in ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati.




2. In assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso non può esser inferiore, a parità di estensione temporale dell’attività oggetto della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto »;

Il contenuto della norma mi pare chiaro, viene praticamente inserito un parametro per la definizione di una retribuzione minima da corrispondere ai collaboratori a progetto.
Questo punto mi lascia perplesso, anche se ne capisco la ragione pratica: si tratta di garantire a molti lavoratori precari di poter avere un reddito minimo, ma in questo modo si induce a pensare che il contratto a progetto sia utilizzabile per rapporti di lavoro subordinato, quando abbiamo visto che così non è.
Vediamo invece cosa prevede la legge per i falsi collaboratori a partita iva.
Al Decreto Biagi viene aggiunto un articolo 69 bis, il quale introduce una presunzione a favore dei prestatori di lavoro, in regime di partita iva, qualora la collaborazione sia superiore a otto mesi nell'anno solare, che il reddito percepito attraverso tale collaborazione costituisca una misura pari all'80% del reddito complessivo percepito dal prestatore nell'anno solare, che il prestatore abbia una postazione di lavoro all'interno dell'azienda committente.
In tutti questi casi il rapporto viene considerato di collaborazione coordinata e continuativa, sin dal momento costitutivo. La presunzione non opera in caso il datore di lavoro sia ingrado di fornire la prova contraria. Inoltre, secondo la disposizione, la presunzione non opera neanche se la prestazione sia caratterizzata da elevate competenze tecnico professionali, se il collaboratore abbia un reddito minimo, che dovrebbe essere circa 18.000,00 euro, e non opera neanche se la prestazione implichi la necessaria iscrizione a qualche albo professionale, applicandosi in quel caso le disposizioni specifiche di legge. Da una prima lettura, sembrerebbe, poi, che non sia esclusa l'applicazione dell'art. 69 del Decreto Biagi. Per cui la collaborazione coordinata e continuativa, laddove non presenti un progetto, secondo quanto previsto dello stesso decreto, potrà a sua volta essere riconosciuto come rapporto di lavoro subordinato.
Facciamo attenzione: se non opera la presunzione, non significa che il lavoratore non potrà comunque agire per la qualificazione del rapporto di lavoro, solo che in quel caso ci sarà uno spostamento dell'onere probatorio.
Tuttavia, a questo punto, per coloro che si trovino in situazione di rapporto di falsa partita iva, laddove non possa operare la presunzione di cui all'art 69 bis, mi sembra più conveniente agire direttamente per la qualificazione del rapporto di lavoro subordinato, sulla base della attuali disposizioni legislative, gravando comunque sul prestatore l'onere probatorio.